Ignazio Oliva
- Al suo ricco percorso professionale di attore, nell’ultimi anni Ignazio Oliva ha affiancato anche una nuova strada dedicata alla regia di documentari. Ne ha già firmati quattro, tra cui l’ultimo, "Young Satellite. Amani Yassets FC", che sarà presentato tra marzo e aprile a Roma. L’attore, incontrato al Rotterdam Film Festival per la presentazione di "Onde" di Francesco Fei, di cui è protagonista, ha alle spalle decine di ruoli di rilievo in film come "Passato prossimo" e "Io ballo da sola".
- Ignazio, come è nata la passione per la regia e in particolare per i documentari?
- Nei miei momenti liberi ho dato sfogo alla voglia e all’esigenza di testimoniare e il documentario è stato il mezzo perfetto per farlo. Mi piace l’idea di utilizzare le immagini per capire e scoprire tante realtà del mondo e far conoscere al pubblico storie lontane, interessanti, molte verità che spesso non sono raccontate. Andare in Africa per girare Young Satellite. Amani Yassets FC è stato prima di tutto un’esperienza di vita. Lì ho scoperto nuovi sensi e nuovi significati e mi sono sentito anche utile attraverso il mio lavoro. Ho girato anche un altro documentario a Nairobi, per la Ong World Friends. È più breve, si intitola Healt & Education ed è dedicato alle realtà ospedaliere e ambulatoriali del villaggio.
- Nei tuoi primi tre documentari c’è una costante: il calcio. Perché?
- È uno sport che mi piace, ma è stata una pura coincidenza. Il mio primo lavoro di regia è stato Con i pantaloni rossi e la maglietta blu, dedicato all’integrazione di cinque giocatori tunisini nel Genoa Calcio di Franco Scoglio, allenatore al tempo della squadra e personaggio unico. Il secondo raccontava la storia della prima volta in serie A del Siena Calcio.
- Cosa racconti in Young Satellite. Amani Yassets FC?
- Il progetto è in collaborazione con la Ong Amani e segue la vita della squadra di calcio di ragazzi di strada che vivono in una baraccopoli a Nairobi, villaggio del Kenya dove è molto importante la figura del prete Kizito.
- Come ti sei preparato, invece, al ruolo in Onde in cui interpreti, Luca, un musicista cieco?
- Non è stato facile perché dovevo interpretare un cieco molto lontano dallo stereotipo presente nell’immaginario collettivo dei cinefili. Dovevo essere un cieco ad occhi aperti, diventato tale dopo la nascita. Ho letto molti libri, visto molti film in cui c’erano non-vedenti, ma soprattutto ho vissuto un po’ di tempo con una ragazza cieca e ho provato a fare ogni gesto quotidiano da bendato. Il rapporto sul set sia con Anita Caprioli, sia con il regista Francesco Fei, è stato bellissimo.
- Cosa ti piacerebbe fare in futuro: continuare con il cinema, aprirti di più alla fiction o lanciarti a capofitto nella regia?
- Credo che alternerò i due ruoli, quello di attore e quello di regista, senza disdegnare la fiction televisiva. Prossimamente mi vedrete in Tu devi essere il lupo di Vittorio Moroni e Hermano di Giovanni Robbiano.