ONDE ANOMALE SUL CINEMA ITALIANO
- UN REGISTA INDIPENDENTE (FRANCESCO FEI), UN ATTORE MAI BANALE (IGNAZIO OLIVA) E SOPRATTUTTO LEI, ANITA CAPRIOLI, bellezza nomade e inquieta, tra le rare attrici del nostro cinema e dera nostra Tv capaci di indossare panni d'epoca e contemporanei rimanendo credibile in primo luogo a se stessa. Pochi ma buonissitni i film scelti o da cui è stata scelta, dal fulminante esordio in Tutti giù per terra di Ferrario agli ultimi appena conclusi, Uno su due di Cappuccio (storia di una coppia improvvisamente travolta dalla malattia di lui) e Per non dimenticarti di Maria Antonia Avati, la figlia di Pupi (la Roma del dopoguerra, un ospedale, una donna, la maternità). È reduce da bei successi e belle esperienze Anita, Cime tempestose e Sacco e Vanzetti per il piccolo schermo, La guerra di Mario per il cinema. E dal forte consenso critico che Onde sta registrando da oltre un anno nei festival di mezzo mondo, a cominciare da Rotterdam, dove ha raccolto anche un premio. Le chiediamo subito il tipo d'esperienza, sinceramente particolare, vissuta con il suo personaggio, Francesca, che convive da trent'anni con una grossa voglia sul viso. «Onde è un film che tocca diversi temi. 11 più evidente ha a che fare con la difficolta di relazionarsi, I due protagonisti hanno entrambi degli handicap evidenti (lui è cieco), ma sono i malesseri e i disagi interiori gli ostacoli che impediscono loro di amare. Perché Onde è anche un film sull'amore e sull'incapacita di dispiegarlo. Francesca deve imparare a percepire la realtà in una maniera diversa dalle sue stupide e facili convinzioni». È vero che prima di cominciare a girare hai vissuto mesi con la quella voglia sul viso? «Sì, era necessario per capire come il mondo reagisce di fronte a un qualcosa che non conosce o conosce poco. Ho riscontrato curiosita morbosa oppure commiserazione, perché oggi è bello solo ciò che appare, non siamo liberi di percepire e di percepirci». Che tipo di onde trasmette il film? «Un'onda di rimando, quella che cerca di provare a guardarsi. Un'onda di coscienza, emotiva, personale». Perché hai voluto fare l'attrice? «Da una parte ci sono inciampata, ma mia madre recitava a teatro e credo che da lei e dalla sua esperienza abbia ereditato la fascinazione del mestiere». Sei contenta del tuo percorso? «Direi di si, critica come tutti gli attori con se stessi, ma felice. È un percorso lento perché seleziono sempre con attenzione i personaggi e il film». Sei una spettatrice assidua? «Dico sempre: prima sono una spettatrice, poi un'attrice. Amo il cinema e quello europeo in particolare. Haneke, Zonca...». Il tuo cult movie? «Almeno due: Lolita di Kubrick e Mouchette di Bresson».